Eduardo Cicelyn
L’arte contemporanea a Napoli: il contributo di Eduardo Cicelyn.
L’arte contemporanea a Napoli sta vivendo un momento di grande fermento, grazie anche al contributo dell’esperto curatore Eduardo Cicelyn. Con la sua vasta esperienza e la sua profonda conoscenza del mondo dell’arte, Cicelyn ha portato nella città partenopea mostre e installazioni di artisti di fama internazionale, contribuendo a far conoscere la scena artistica napoletana anche fuori dai confini nazionali. Grazie al suo impegno, Napoli si conferma come una delle città italiane più importanti per l’arte contemporanea, offrendo al pubblico occasioni di confronto e di riflessione su temi di grande attualità.
Eduardo Cicelyn è nato a Napoli nel 1959. Laureato in filosofia è anche giornalista professionista. Consulente culturale di vari enti pubblici, organizzatore e curatore di diverse manifestazioni dedicate all’arte contemporanea, autore di saggi su numerosi artisti contemporanei, è stato curatore generale della rassegna ‘Annali delle arti’ promossa dalla regione Campania nel biennio 2003-2005. E’ stato il direttore generale della Fondazione Donnaregina e direttore del MADRE, Museo per l’arte contemporanea di Napoli.
Oggi, da direttore del Madre a gallerista di Casamadre. Negli spazi di quella che fu la galleria di Lucio Amelio, in piazza dei Martiri 58, Eduardo Cicelyn, ex direttore del museo Madre, si reinventa gallerista. Dopo qualche lavoro di adeguamento e ristrutturazione di palazzo Partanna che accoglierà Casamadre (questo il nome della galleria), si partirà con una collettiva che coinvolgerà artisti con cui Cicelyn ha già collaborato in passato: Kounellis, Pistoletto, Paolini, Paladino, Clemente, Kapoor, Hirst, Baselitz.
I progetti che ha curato
Il Museo Madre
Per quattro anni il museo ha ospitato, con grande successo, mostre e retrospettive sotto la direzione di Eduardo Cicelyn.
La nascita del Museo Madre è stata pianificata in base al “Patto per l’Arte Contemporanea” sottoscritto nel 2003 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con il fine di dare impulso alla promozione dell’arte contemporanea e incrementare il patrimonio pubblico in questo settore.
L’anno successivo la Giunta Regionale Campana ha quindi acquistato il Palazzo Donnaregina per adibirlo a primo museo regionale per l’arte contemporanea. il museo è stato finito completamente nel 2007 e sono stati ampliati gli spazi di esposizione ad opera dell’architetto portoghese Álvaro Siza.
La Collezione del Madre
La collezione ospitata dal 2006 al 2012 annoverava opere di: Carlo Alfano, Getulio Alviani, Carl Andre, Giovanni Anselmo, John Baldessari, Georg Baselitz, Bernd & Illa Becher, Joseph Beuys, Domenico Bianchi, Ashley Bickerton, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Hanne Darboven, Gino De Dominicis, Luciano Fabro, Dan Flavin, Lucio Fontana, Gilbert & George, Douglas Gordon, Andreas Gursky, Peter Halley, Damien Hirst, Donald Judd, Anish Kapoor, Anselm Kiefer, Yves Klein, Jeff Koons, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Roy Lichtenstein, Richard Long, Nino Longobardi, Piero Manzoni, Robert Mapplethorpe, Mario Merz, Marisa Merz, Robert Morris, Bruce Nauman, Claes Oldenburg, Luigi Ontani, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Gianni Pisani, Michelangelo Pistoletto, Robert Rauschenberg, Gerhard Richter, Thomas Ruff, Mario Schifano, Richard Serra, Julian Schnabel, Cindy Sherman, Haim Steinbach, Thomas Struth, Antoni Tàpies, Ernesto Tatafiore, Cy Twombly, Bill Viola, Jeff Wall, Andy Warhol e Gilberto Zorio
Annali delle Arti
Un anno intenso, con gli Annali delle Arti
Nel 2003 prende il via la rassegna Annali delle Arti, ideata e diretta da Achille Bonito Oliva e curata da Eduardo Cicelyn per conto della Regione Campania, in accordo con le Soprintendenze e i Comuni interessati.
Dedicato al tema dell’incertezza – inteso come clima storico del presente e apertura degli artisti a ogni esito sperimentale. Il progetto prevede ogni anno l’organizzazione di mostre, eventi e incontri d’arte in tutta la Campania. Tra questi si ricordano, in particolare, le esposizioni monografiche di grande richiamo internazionale organizzate al Museo Archeologico Nazionale, a Castel Sant’Elmo e al Museo di Capodimonte: dalle antologiche di Francesco Clemente (2002-03) e Jeff Koons (2003) alle personali di Mario Giacomelli (Vita del Pittore Bastari, 2003), Hiroshi Sugimoto (2003-04) e Anish Kapoor (2003-04); dalla prima retrospettiva sul lavoro fotografico di Ettore Sottsass (2004) a quella dedicata a Pino Pascali (2004); dalla mostra omaggio a Gordon Matta-Clark (2004-05) all’antologica di Damien Hirst (The agony and the ecstasy, 2004-05).
Piazza D'arte
Uno spazio che celebra la ricorrenza dei quindici anni di installazioni realizzate per Piazza del Plebiscito a Napoli: un percorso partito nel 1995 con la Montagna di sale di Mimmo Paladino e culminato, nel 2009, con Pionier II di Carsten Nicolai.
Ripercorre la storia di piazza del Plebiscito, come piazza dell’arte, partendo dal 1995, dalla “Montagna del sale” di Paladino, un’opera di grande impatto scenografico chei napoletani si divertirono a fotografare e a scalare, portando via un pugno di sale benaugurante. L’evento superò i confini del pubblico specializzato, sedusse i cittadini comuni e catturò l’attenzione dei mass media di tutto il mondo. L’arte poteva essere di nuovo un fatto popolare e identitario? Su questa ipotesi coraggiosa e utopica si mosse da allora in poi la politica cittadina.
La cultura come risorsa comune per ricostruire un sentimento di appartenenza e di spirito comunitario. Per Bassolino, allora sindaco, l’apertura della piazza all’arte contemporanea ebbe un significato duplice: “Restituire ai napoletani un luogo emblematico della loro storia e confermare un tratto caratteristico della napoletanità più autentica: il gusto della sperimentazione, la capacità di confrontarsi con la novità e la festa come esperienza culturale significativa”. Il Largo di Palazzo, che prese il suo nome attuale dal plebiscito con cui Napoli nel 1860 ratificò la propria annessione al Regno dei Savoia, era stato per anni un disordinato e affollato parcheggio fin quando, nell’autunno del 1994, in occasione del G7, la piazza fu ripulita, ripavimentata, chiusa al traffico e restituita alla fruizione di turisti e cittadini. Divenne così il simbolo del rinnovamento di Napoli ritrovando la sua antica funzione di luogo di feste e celebrazioni.
Dopo Paladino, per quindici anni, artisti di prestigio sono intervenuti nella piazza della Napoli rinnovata. Con Eduardo Cicelyn, che per primo ebbe l’idea delle opere d’arte in piazza del Plebiscito, ne tracciamo una carrellata riepilogativa.
Le Installazioni artistiche nei 15 anni di Piazza Plebiscito
1995: al Plebiscito la Montagna di Sale di Paladino
1996: la striscia di Jannis Kounellis
1997 Mario Merz tra tavoli e Fibonacci
1998: arte povera con Gilberto Zorio
1999 l’arte concettuale di Giulio Paolini
2000: la vela di Anish Kapoor
2001: Croce e Joseph Kosuth
2002 Rebecca Horne e le capuzzelle
2003: la spirale di Richard Serra
2004: L’Italia all’asta di Luciano Fabro
2005 con Sol Lewitt
2006: Jenny Holzer “For Naples”
2007: Michelangelo Pistoletto con Love Difference
2008 è l’anno di Jan Fabre
2009 Pioneer II di Carsten Nicolai
Alcuni progetti realizzati
Pubblicazioni
Quarantena napoletana, con il contrappunto delle magnifiche illustrazioni inedite di Francesco Clemente – uno dei piú noti esponenti della scena artistica internazionale contemporanea – diventa il viaggio di Eduardo Cicelyn intorno alla sua stanza, un viaggio che ripercorre la storia recente di una città e il destino di una generazione.
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Ogni mattina un uomo, il protagonista di questo libro, sale sul suo scooter e per un’ora buona se ne va a zonzo nella sua bellissima città. Fin qui, nulla di insolito. Se non fosse che la città, Napoli, è deserta e blindata dal lockdown e che quell’uomo, Eduardo Cicelyn, fondatore del Museo cittadino d’arte contemporanea, compie anche un piccolo peccato di hybris: racconta le sue solitarie escursioni sulle pagine di un quotidiano. Il caso vuole che l’articolo finisca sulla scrivania dell’Unità di Crisi Regionale, che ne segnala il contenuto alla Prefettura, che lo trasmette a sua volta all’Azienda Sanitaria Locale. In ossequio alle ordinanze del presidente della Regione, all’autore viene imposta una quarantena di quattordici giorni, arresti domiciliari «volontari», come vengono definiti, che lo trasformano in uno «stralunato signor Bloom in pantofole» che può solo vagare fra cucina, studio e soggiorno. E rimuginare. Cosí da un curioso evento accaduto a Napoli durante il lockdown prende le mosse un memoir denso di considerazioni che spaziano dal destino di una generazione al rapporto tra arte e potere, dalla libertà di vivere e creare fino alla politica divenuta strumento di controllo della vita. Ed ecco che Quarantena napoletana diventa un viaggio in cui un piccolo esercito di amici, conoscenti, parenti, anime perse e fantasmi di stagioni remote viene ad abitare il tempo morto di una sospensione della vita pubblica, che non implica tuttavia la sospensione del pensiero e dell’arte, e dell’arte di scrivere.