Chiesa Donnaregina Vecchia
La chiesa trecentesca o “vecchia” di S. Maria Donnaregina è tra le maggiori testimonianze di epoca medievale a Napoli. Sin dal XVII secolo, quando fu eretta la chiesa omonima che si affaccia su piazza di Donnaregina, fu chiusa al culto e al pubblico, in quanto annessa agli spazi della clausura.
La chiesa, che dal 1969 fa parte della Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti della Facoltà di Architettura dell’Università Federico II, è oggi visitabile in occasione di mostre ed eventi ordinati dal museo MADRE, che viene così a disporre di uno spazio espositivo ulteriore, di rara bellezza e forte suggestione.
La chiesa fa parte di un antico complesso conventuale fondato dagli Svevi nel XIII secolo, distrutto dal terremoto del 1293, e quindi ampliato e ricostruito nel 1325 dalla Regina Maria d’Ungheria, moglie di Carlo II d’Angiò. L’edificio è preceduto da un chiostro caratterizzato da uno splendido cassettonato realizzato all’inizio del Cinquecento dall’intagliatore bergamasco Pietro Belverte. Progettata da un anonimo architetto angioino, forse identificato nel senese Lando di Pietro, la chiesa gotica è concepita, secondo il sistema francescano, come una semplice aula a capriate, sulla quale s’innesta, a conclusione dello svolgimento longitudinale, una zona absidale a pianta pentagonale, con vetrate ogivali e volta a crociera costolonata.
Al suo interno si conserva lo splendido sepolcro marmoreo della regina benefattrice, opera di Tino di Camaino e Gagliardo Primario (1325-26) e affreschi d’importanza fondamentale per la storia della pittura del Trecento a Napoli. Il coro delle clarisse – che sull’esempio dei matronei e delle tribune palatine è un volume sopraelevato ricavato da una tripartizione della sala unica – conserva il più vasto ciclo di affreschi del XIV secolo rimasto a Napoli, già attribuito a Pietro Cavallini e Filippo Rusuti (1317-23 ca.). A questo si aggiungono gli affreschi della Cappella Loffredo, ancora incerti come datazione e attribuzione.