
Look-down, Jago in Piazza Plebiscito a Napoli
Ora al centro di piazza Plebiscito c’è un neonato in marmo, rannicchiato su se stesso e incatenato. L’opera vale 1 milione di euro, si chiama Look-down e rimarrà lì fino a gennaio inoltrato. Per i più legati al significato del Natale un richiamo simbolico alla nascita, ma che in realtà fa del dono di Jago alla città un invito più ampio a guardare a chi è a terra, alle realtà più colpite da una crisi sanitaria e sociale che ancora sconvolge, nell’assonanza di un titolo con la parola lockdown, entrata ormai di prepotenza nella quotidianità di un mondo in lotta.
L’artista non dà tante altre spiegazioni, lasciando a ogni sensibilità la scelta di come guardare quel bambino incatenato.
Ma è ascoltando la sua idea di arte come «strumento per modificare intere dinamiche sociali» che con l’aiuto di Jago si riscopre la bellezza di investire su se stessi, nonostante tutto. «Io non so bene cosa voglia dire arte, so che quello che faccio può creare un indotto. Pongo un’opera in un luogo non frequentato, costruisco un museo, intercetto un pubblico di persone che fino a quel momento non attraversava una strada perché ignorava cosa c’era dall’altra parte. Vengono messe le luci a illuminare i marciapiedi, guadagna il caffè all’angolo, due giovani si innamorano, avranno un figlio che studierà e scoprirà un nuovo vaccino. Siamo tutti collegati».
Un appassionato di arte che da bambino guardava col naso all’insù la cappella Sistina e sperava un giorno di poter fare qualcosa di molto simile. Nessuna «megalomania» ma il desiderio artistico che accomuna gli animi creativi di tutti i tempi e le epoche, lo stesso istinto che dopo aver girato Asia e America, ha portato “il nuovo Michelangelo” a Napoli, in quel Rione Sanità che lo ha accolto con la genuina capacità degli abitanti di riconoscere gli uomini e le donne di talento.
Nella notte del 5 novembre, è stata collocata a Napoli, più precisamente a Piazza del Pebliscito, una scultura raffigurante un neonato rannicchiato e inchiodato a terra da una catena. L’opera è dello scultore Jago e si intitola Lookdown.
Il nome della scultura assomiglia a “lockdown”, la parola più utilizzata in questo storico periodo di pandemia, quindi è un gioco di parole. “Il significato della mia opera? Andatelo a chiedere a tutti quelli che, in questo momento, sono stati lasciati incatenati nella loro condizione”, ha dichiarato l’artista Jago. Lookdown, afferma, è “un invito a ’guardare in basso’ ai problemi che affliggono la società e alla paura di una situazione di povertà diffusa che si prospetta essere molto preoccupante, soprattutto per i più fragili.
Look-down, l’opera di Jago in Piazza Plebiscito a Napoli
Un’opera che riesce a essere emotiva, concettuale e tecnicamente raffinata.
Pochi artisti oggi sanno unire questi tre livelli con tale equilibrio. Sul piano concettuale, il titolo gioca con un doppio significato:
“Look down” come guardare in basso, quindi piegare lo sguardo verso chi è emarginato.
Ma anche l’eco di “lockdown”, che nel 2020 era una parola universale di isolamento e sofferenza.
Posizionare l’opera in uno spazio pubblico come Piazza del Plebiscito, di solito vuoto e monumentale, obbliga il passante a confrontarsi con qualcosa di intimo e scomodo.
Il neonato incatenato al suolo è un’immagine fortissima. Parla di nascita, ma anche di condanna all’abbandono e alla disuguaglianza fin dai primi giorni di vita.
La tecnica è straordinaria: scolpire il marmo con tale delicatezza, soprattutto per rappresentare un neonato, richiede una padronanza che richiama i grandi maestri del Rinascimento.
Il contrasto tra la fragilità del soggetto (un bambino nudo, raggomitolato) e la solidità del materiale (marmo) amplifica il senso di vulnerabilità resa eterna.
È un esempio emblematico di arte pubblica contemporanea che non si limita alla bellezza, ma provoca, denuncia e dialoga con il momento storico. Non cerca di compiacere: vuole disturbare nel senso migliore, spingere lo spettatore a pensare.
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