un discoteca con concerto in corso

Il modello della discoteca tradizionale deve cambiare

“Il modello della discoteca tradizionale deve cambiare, deve puntare su un divertimento di qualità, di contenuto, con esperienze sempre nuove da offrire ai giovani. Non è il ballo ad essere in crisi, lo si vede dalle numerose feste che nascono spontanee in alberghi, stabilimenti balneari, chiringuito, luoghi sicuramente fascinosi che però non hanno le autorizzazioni necessarie per poter offrire questo servizio in sicurezza. E questa situazione porta spesso incidenti se non tragedie. Bisogna cercare la formula migliore, ma sempre nel rispetto della legalità, cosa non facile in Italia perché il fenomeno dell’abusivismo è figlio di una burocrazia troppo complessa e di una tassazione talmente alta da non essere sostenibile”.

A parlare è Maurizio Pasca, presidente della “Associazione italiana imprese di intrattenimento, da ballo e di spettacolo Silb-Fipe”, che dal 1967 riunisce le imprese che operano nel settore dell’intrattenimento da ballo e di spettacolo, e conta oggi sull’adesione di circa il 90 percento delle discoteche e delle sale da ballo italiane censite dalle Camere di Commercio.

Le sue parole rappresentano un ottimo spunto per un’analisi, quantomeno di base, della situazione di un settore che in Italia ha subito – prima, in misura maggiore e per un tempo più lungo degli altri – un danno enorme a causa della dolorosa parentesi dell’epidemia di Covid che ha colpito il mondo negli ultimi anni. Secondo i dati diffusi da più fonti, delle 5.200 aziende registrate presso le Camere di Commercio, almeno mille hanno dovuto chiudere i battenti.

Ma l’estate appena trascorsa, ancorché in Italia siano state quasi azzerate le restrizioni sanitarie, gli ingressi sono calati del 30% rispetto all’anno scorso. Un dato significativo su cui possono avere inciso i persistenti aspetti psicologici della pandemia, l’inatteso calo del turismo e l’erosione del potere d’acquisto di larga parte della popolazione, ma che non può non essere letto anche alla luce dei cambiamenti che stanno avvenendo nella nostra società. Sempre la pandemia, per esempio, potrebbe aver spinto il pubblico a privilegiare gli spazi aperti. Questo spiegherebbe il proliferare di chiringuitos, feste sulle spiagge e rave party, che si sono proposti quale alternativa alla tradizionale discoteca, con la positiva caratteristica del minor costo (escludiamo i rave, però, che spesso hanno costi di partecipazione significativi), ma che non sono in grado di garantire il rispetto delle norme di legge (con particolare riguardo a quelle di sicurezza) richieste e che spesso, quindi, sfociano nell’illegalità, destano preoccupazione e, di conseguenza, stimolano l’intervento delle autorità, sollecitate anche dalle associazioni di settore, sottoposte a una concorrenza palesemente sleale.

Tuttavia è necessario constatare che “Nel settore c’è una stanca generale – come sostiene, in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Messaggero, Tito Pinton, da 30 anni imprenditore del settore – e poi ci sono gli improvvisati che aprono e chiudono, ma oggi conta la qualità. Se la tieni alta, lavori”.

Torna, quindi, la questione della qualità, il primo degli aspetti sottolineati da Maurizio Pasca e sopra richiamati. Ma che cosa si intende per qualità?

Per prima cosa è opportuno individuare il luogo giusto, facilmente raggiungibile, con possibilità di parcheggiare senza troppa difficoltà, e che non abbia abitazioni private vicine.

Poi l’edificio nel suo aspetto estetico, sia esterno, sia interno. L’estetica e la funzionalità delle strutture non possono essere ignorate. Così come la disposizione degli spazi destinati al ballo e quelli destinati al relax. I posti a sedere, per intenderci.

Il posizionamento del bar, per evitare sgradevoli e disordinati assembramenti, deve consentire un facile accesso. E lo stesso discorso vale per i servizi igienici, da tenere il più possibile curati.

L’arredamento deve avere un suo stile omogeneo, in linea con l’immagine che il locale intende trasmettere a chi lo frequenterà.

Ovviamente importantissima è l’illuminazione, diversa in funzione della destinazione delle varie zone del locale, meglio se variabile a seconda dei momenti della serata.

Acustica e l’amplificazione, infine, devono essere progettate con attenzione, perché, in ultima analisi, è sulla musica che si regge tutto.

 

Strettamente legata alla qualità dell’offerta è il suo contenuto. Creato l’ambiente adatto, occorre riempirlo. A questo proposito, sempre prendendo spunto dalle parole del presidente della Silb-Fipe, è opportuno porsi una domanda: cosa intendiamo per giovani? Quei giovani a cui offrire esperienze sempre nuove?

“Non possiamo più fare i numeri di un tempo – spiega ancora Tito Pinton, nelle sue dichiarazioni al quotidiano Il Messaggero – perché c’è un calo demografico. Gli anni del Boom economico hanno riempito i locali fino agli anni 90. Oggi quei numeri non si possono più fare perché mancano i giovani”. È vero. Ma siamo sicuri che pronunciando la parola “giovani” intendiamo oggi la stessa cosa che intendevamo negli anni 90? Pure la percezione anagrafica che oggi abbiamo di noi stessi è profondamente cambiata. Anche soltanto prestando attenzione al pur ansimante sistema televisivo è facile notare come gli adolescenti vengano definiti “bambini” (quando non “bimbi”), i trentenni “ragazzi” e i quarantenni “giovani”. E, prestando lo sguardo a ciò che ci circonda più da vicino, è altrettanto facile constatare che – non sempre, ma spesso – i comportamenti di queste fasce d’età sono in linea con le nuove definizioni che vengono loro attribuite e che, soprattutto, loro stesse si attribuiscono.

Ecco che allora, quasi magicamente, il mercato del settore si allarga. E i contenuti, conseguentemente, devono tener conto anche di questo.

“Il modello della discoteca tradizionale deve cambiare” è il titolo che abbiamo dato a queste brevi note. E dunque cambiamolo! Se bar e ristoranti, spesso illegalmente, a una cert’ora si trasformano in discoteche, che le discoteche propongano le stesse cose, ma con una qualità superiore. E si prenda definitivamente atto che le “esperienze” di cui oggi si è alla ricerca sono multisensoriali, senza arrivare a scomodare Kandinskij o Oliver Sacks, o la sinestesia, cioè la contaminazione sensoriale per cui la stimolazione di uno dei cinque sensi provoca involontariamente una percezione in un altro senso. Per essere più chiari, pensiamo ai versi di Fabrizio De André: “Corsi a vedere il colore del vento” in “Il sogno di Maria”. Ma il vento ha un colore? Il senso comune ci dice di no, eppure il fenomeno coinvolge, secondo studi scientifici, una persona su 23. E tutti gli altri? Senza correre il rischio di passare per visionari, possiamo tranquillamente affermare che cenare accompagnati da un gradevole sottofondo musicale o ballare percependo il ritmo di una musica insieme a immagini proiettate sulle pareti della sala è più appagante. Si tratta, casomai, di scegliere la musica appropriata alla cena e le immagini adatte alla musica. Si tratta, dunque, di qualità dell’offerta, creata da un regista capace e competente.

Al tempo stesso si tratta di organizzare tempi e spazi assecondando le aspettative di tutti i possibili frequentatori. È intuitivo come un ventenne possa gradire cose diverse rispetto a quelle di un quarantenne e proprio da queste differenze possono scaturire nuove opportunità.

Differenziare le serate riservandole a utenze diverse può essere una buona idea per coinvolgere un pubblico più vasto, non necessariamente selezionandolo in funzione dell’età. Le cose verrebbero da sé. Una serata con cena e spettacolo dal vivo attrarrà più probabilmente una fascia di pubblico di età meno giovane rispetto a una serata dedicata al ballo con aperitivo in stile happy hour. Proiezioni di arte digitale prima e/o durante le danze creerebbero atmosfere particolari e uniche, attribuendo al locale un’identità definita e diversa a quella di tutti gli altri.

Anche la politica dei prezzi potrebbe modularsi e differenziarsi, considerando la diversa capacità di spesa delle diverse fasce d’età.

L’offerta di entertainment è limitata solo dalla fantasia e creatività degli organizzatori, dalla loro capacità di mescolare momenti diversi nella stessa serata.

Organizzare serate di natura diversa nei diversi giorni della settimana, invece, permetterebbe di sfruttare a pieno le potenzialità offerte dalla differenziazione del target.

 

Naturalmente non è secondario valutare l’ambiente in cui ci si posiziona. L’Italia è una realtà composita e ogni realtà richiede un attento studio del mondo che sta intorno alla discoteca. I suoi desideri, le sue aspettative e soprattutto i suoi sogni. E, non ultimo, anche le sue vanità. La soddisfazione di sentirsi parte di un mondo “glittering”, vagamente trasgressivo, la cui frequentazione attribuisca uno status “fashion” ai suoi adepti è una componente che non è trascurabile. A tutte le età e per tutte le fasce sociali. Si tratta di individuarle, adattare l’offerta alle loro aspettative, ma anche sorprenderle con qualcosa di inimmaginato (per quanto oggi possibile). E poi aspettare tutti in discoteca.

Ma poi è ancora giusto definire così il tipo di locale che stiamo ipotizzando? Probabilmente no, anche se una nuova definizione non sembra essersi affermata per distinguere i locali con queste caratteristiche.

Solo per citare i più noti del panorama milanese, certo autorevole, ma non unico, si può notare che il “Blue Note” si definisce “Jazz club & restaurant”, mentre il noto “Hollywood” sceglie “Rithmoteque”. I “Magazzini Generali” stanno più sul vago “non solo concerti ed eventi musicali”. “Alcatraz” non sceglie un nome, ma si definisce “discoteca nel week-end, luogo di convention e concerti durante la settimana”. Infine il “Tocqueville” si descrive in un modo che, forse, potrebbe essere scelto per identificare queste nuove realtà: “Discoteca Club”.

Quello che, però, accomuna gli esempi citati (e anche quelli non citati unicamente per motivi di spazio) è l’attenzione e l’utilizzo di tecniche di marketing e comunicazione in linea con i tempi e in costante aggiornamento. Comunicare il programma del locale è fondamentale e contribuisce alla definizione del brand che, a sua volta, attrae il pubblico che voglia essere parte di quel mondo e identificarsi ed essere identificato con lo “stile di vita” suggerito dal brand stesso. Ma soprattutto poter “raccontare” di esserne parte. E questo appaga il proprio io soltanto se non si parla di qualcosa di anonimo, ordinario e banale.

 

Ad accomunare le realtà più di successo di questo settore è il raggiungimento di un ulteriore segmento di mercato, che può riservare soddisfazioni economiche fondamentali per rendere profittevole l’iniziativa imprenditoriale. Stiamo parlando degli eventi aziendali e di quelli privati. È un settore in grande espansione e che si presta alla formulazione di proposte innovative anche in ambiti tradizionali.

Relativamente alle aziende le proposte possono riguardare, per fare solo alcuni esempi, cene di gala, eventi buffet e convention, organizzate – queste ultime – anche con eventi ibridi, una commistione tra l’evento in presenza e la sua fruizione a distanza. In sostanza l’evento viene svolto dal vivo, con partecipanti convenuti e accolti in una location fisica, ma è anche fruibile digitalmente da persone non fisicamente presenti all’evento.

Le tipologie di eventi privati (una volta si chiamavano “feste”), invece, si stanno continuamente moltiplicando. Ai tradizionali compleanni e diciottesimi (un compleanno “rafforzato” che si richiama al “ballo delle debuttanti” di antica memoria), si sono aggiunte le feste di laurea, gli addii al nubilato, Halloween e chi più ne ha più ne metta. Non ultime le feste di matrimonio, che molti oggi articolano in più fasi, separando quella destinata ai parenti e quella destinata agli amici, ben più vivace e divertente, organizzata spesso in un “Discoteca Club”.

I locali da ballo, dunque, sono in declino? Alla luce di quanto esposto un’affermazione del genere non sembra più giustificata. Quello che è in crisi è il modo tradizionale con cui propongono se stessi, che non è più adeguato ai tempi. Ma la strada del futuro sembra tracciata. Cambiare. Proporsi in modo nuovo può far tornare a intercettare un desiderio, quello di esprimersi attraverso il proprio corpo e quindi anche ballare, che è difficile pensare sia finito. Non è così, basta guardarsi intorno per averne conferma. Quello che si fa più fatica a stimolare, in una fase storica oppressa dalle incertezze e dalle paure, è lo spirito innovativo. Una conferma,  per concludere, arriva dal parere espresso da un’autorevole e stimata figura del settore musicale, il direttore artistico di Radio Deejay, Linus, all’edizione bolognese del Corriere della Sera, in cui lamenta che “in Italia c’è una crisi dovuta a mancanze di visione imprenditoriale”. Era l’ormai lontano 2019 e avevamo alle porte l’epidemia di Covid. C’è da augurarsi che le sue parole siamo state uno stimolo sufficiente.

 

di Walter Minucci