O Vero! Napoli nel mirino

Un viaggio tra vicoli antichi e periferie postmoderne, tra soggettività e figure paradigmatiche. Un percorso circolare, che riconduce lo sguardo al punto d’incrocio tra realtà e verità.

Venti fotografi, tutti partenopei. Puntano l’obiettivo sulla propria città, restituendo un ritratto di Napoli fatto di una realtà che stupisce perché appare incredibile. Ma sempre vera…
Nelle sale del terzo piano del Palazzo Donnaregina è in mostra la città di Napoli negli scatti di venti fotografi napoletani, che danno vita a O’ Vero! Napoli nel mirino, esposizione realizzata anche grazie al contributo di un piccolo gruppo di appassionati visitatori, nonché con la partecipazione attiva degli stessi fotografi alle spese.

Al Museo Madre apre la mostra “O’vero! Napoli nel mirino”

Il progetto nasce proprio nel clou di un periodo di crisi sociale, economica e morale che attraversa Napoli, città che si ritrova con un’immagine negativa sullo sfondo di un additato fallimento amministrativo. Questa crisi inevitabilmente si ripercuote anche sulla cultura, ed è proprio la cultura che qui si rende protagonista di una reazione in risposta a questa condizione di ristagno, anche come momento di riflessione per riprendere a lavorare sul futuro. Realizzare questa mostra al Museo Madre, in un momento così problematico soprattutto per i tagli delle risorse da destinare alla cultura, assume un significato speciale, anche alla luce che hanno coinvolto lo stesso museo.

La rassegna racconta la Napoli di oggi, una città sempre straordinaria nel suo lento mutare, e davanti a queste fotografie ci si chiede se l’immagine sia veramente ciò che si vede, come esprime l’espressione dialettale del titolo.

La verità di Napoli è destinata per ragioni addirittura antropologiche ad apparire come qualcosa di straordinario, nel bene e nel male. E la fotografia sembra in grado di registrare meglio e più di altri linguaggi creativi ciò che tutti i visitatori sanno per esperienza, e cioè che in questa città accade molto spesso il miracolo di incontrare una realtà che, se arriva alla verità, è sempre per eccesso.
Sarebbe da chiedersi, infatti, se non sia proprio nel conflitto irrisolto tra ciò che appare reale e ciò che si dice vero il senso ultimo della città.

Il viaggio di questa mostra tra i vicoli antichi e le periferie postmoderne, tra soggettività e figure paradigmatiche, sempre eccessive (gli ultras, i “femminielli”, le statue, le montagne d’immondizia, gli attori, i registi, gli sposi, i fantasmi, gli esclusi, i morti ammazzati) è un percorso circolare, che riconduce lo sguardo al punto d’incrocio sempre un po’ folle tra realtà e verità.

L’organizzazione di questa mostra al Museo Madre, in un momento così problematico soprattutto per i tagli di risorse destinate alla cultura, assume un significato particolare, accogliendo le sfide che lo stesso museo ha affrontato. La rassegna racconta l’odierna Napoli, una città sempre straordinaria nei suoi lenti cambiamenti, ma davanti a queste fotografie sorge la domanda se l’immagine che appare sia veramente ciò che si vede, come suggerisce il titolo espressivo in dialetto.

Artisti in mostra

Agenzia Controluce, Aniello Barone, Antonio Biasiucci, Bruno del Monaco, Cecilia Battimelli, Fabio Donato, Gianni Fiorito, Lucia Patalano, Luciano D’Alessandro, Luciano Ferrara, Luciano Romano, Luigi Spina, Mario Spada, Martin Devrient, Michele Gandin, Monica Biancardi, Oreste Pipolo, Paul Thorel, Peppe Avallone, Raffaela Mariniello, Stefano Cerio.

Antonio Biasucci, attraverso le sue riprese silenziose nella zona dei Tribunali, sembra quasi incitare a immergersi nei misteri dei tortuosi vicoli dell’antica Neapolis; le foto frontali e prive di “filtro” di Luciano Ferrara ci svelano il volto e la vita dei “femminielli” di via Toledo, del Rettifilo e della Sanità;

Luigi Spina ci mostra i risultati delle sue approfondite analisi sulle sculture classiche, mettendo in luce la loro sensuale muscolatura; nei suggestivi paesaggi di Aniello Barone che raffigurano le montagne di rifiuti, Napoli diventa praticamente irriconoscibile.

La sequenza di scatti dei fotografi dell’Agenzia Controluce ci narra, con un realismo allucinante, la scena di un delitto. Nelle “sposine di carne e pizzo, pescate esclusivamente dall’universo napoletano”, troviamo tutta la poetica barocca della fotografia di Oreste Pipolo.

Con una vasta esperienza nella documentazione del fenomeno della camorra e del tessuto sociale delle periferie napoletane, Gianni Fiorito presenta una serie di interessanti scatti dei set cinematografici, come quello di Sorrentino con la maschera di Toni Servillo.

Monica Biancardi, al contrario, dona una serie di ritratti di diversi mestieri, focalizzandosi sulle mani, incorniciati con luci al neon che richiamano le edicole votive, un elemento costante nei vicoli del centro storico.

Le fotografie surreali degli “abbracci” di persone per strada di Luciano Romano sembrano quasi simboleggiare il desiderio dei napoletani di risolvere la ferita causata recentemente dall’emergenza dei rifiuti e dal fenomeno camorristico.

Certamente, sono altrettanto interessanti i lavori di Peppe Avallone, Bruno Del Monaco e Fabio Donato, che narrano le relazioni tra Napoli e l’arte tramite i ritratti di famosi artisti come Francesco Clemente, Hermann Nitsch, Andy Warhol e molti altri.

Curatori

Eduardo Cicelyn, Mario Codognato e Giovanni Fiorentino

Comunicato stampa

Il viaggio di questa mostra tra i vicoli antichi e le periferie postmoderne, tra soggettività e figure paradigmatiche, sempre eccessive (gli ultras, i “femminielli”, le statue, le montagne d’immondizia, gli attori, i registi, gli sposi, i fantasmi, gli esclusi, i morti ammazzati) è un percorso circolare, che riconduce lo sguardo al punto d’incrocio sempre un po’ folle tra realtà e verità. Quando la fotografia ci dice “ciò è stato” a Napoli, nasce il dubbio che non sia “esattamente questo” quello che vediamo, benché sia del tutto evidente.

Il titolo ‘O VERO!‘ è l’espressione dialettale di questa incertezza, il modo più originario di segnalare lo stupore per una realtà effettiva che si mostra apparendo incredibile, mentre l’immagine dello schieramento di polizia in difficoltà davanti ai fuochi d’artificio – simbolo della mostra – è la prova di come la finzione possa determinare un effetto evidentemente reale.

Quando la fotografia ci dice “ciò è stato” a Napoli, nasce il dubbio che non sia “esattamente questo” quello che vediamo, benché sia del tutto evidente. Il titolo ‘O Vero!’ è l’espressione dialettale di questa incertezza, il modo più originario di segnalare lo stupore per una realtà effettiva che si mostra apparendo incredibile, mentre l’immagine dello schieramento di polizia in difficoltà davanti ai fuochi d’artificio – simbolo della mostra – è la prova di come la finzione possa determinare un effetto evidentemente reale.

Questa mostra al Madre, vuole anche dirci che, nonostante la crisi drammatica che Napoli sta attraversando negli ultimi anni, qualcosa rimane, e che questo qualcosa è la volontà di guardare le cose in faccia, di non mentirsi e di non lasciare che ancora ci si menta. E che su questo si può costruire, da questo si può ricominciare a lavorare sul futuro.