illuminazione monumento con la digital art

Architettura e fruizione. Uno spazio individuale

La facciata di un palazzo, a livello etimologico, deriva dal latino facies e identifica, appunto, un lato del suo perimetro, solitamente coincidente con il fronte. A volte, però, con facciata si intende il lato libero più agevolmente visibile e accessibile dove è posto l’ingresso. La facciata di un edificio, però, è molto di più di un semplice elemento funzionale, tanto che esistono diverse tipologie di facciate, ognuna con un forte significato simbolico.

 

Negli edifici di culto, ad esempio, la facciata diventa l’ingresso verso un mondo spirituale e una comunità animata dagli stessi valori, nel ‘440 viene vista come un elemento a sé stante dal resto della struttura, mentre nel Bauhaus si riafferma il concetto di corrispondenza tra spazio interno ed esterno e la facciata, sia nell’architettura che nei materiali, diventa espressione dell’ambiente interno. Negli edifici moderni e contemporanei, invece la facciata perde a volte il suo ruolo di “protagonista”, diventando un tutt’uno con il volume della struttura.

 

Oggi, invece, la facciata degli edifici diventa una specie di tela dove l’artista può esprimersi liberamente attraverso i linguaggi convenzionali e quelli più innovativi. Non è un caso che, in tutta Europa, e non solo, sono sempre di più le installazioni artistiche en plein air che non si concentrano solo nelle piazze, ma che utilizzano proprio la facciata del palazzo. L’architettura, quindi, diventa qualcosa di strettamente legata al contesto urbano, fondendosi con esso.

 

Nella storia dell’architettura la facciata ha rappresentato una sorta di soglia tra due mondi, una specie di Giano bifronte, ma anche una superficie che, nonostante il rispetto di alcune regole, dava l’opportunità all’architetto maggiore libertà espressiva.

 

La “pelle” dell’edificio, quindi, diventa una location originale dove l’artista può liberare la sua creatività realizzando delle opere dal forte potere comunicativo e che creano valore anche per il territorio.

 

Uno degli esempi artistici più riusciti di come una facciata possa essere trasformata in un’opera d’arte, ad esempio, è l’opera dell’artista americano Ned Kahn che nelle sue opere sintetizza arte, scienza e tecnologia. Infatti, il lavoro di Kahn parte dall’osservazione del movimento dei fluidi come avviene in natura e dalla voglia di creare qualcosa che permette agli spettatori di poterne fare parte. Le sue installazioni interattive sono presenti in tutto il mondo e prendono spunto da elementi come Nebbia, Acqua , Fuoco\Luce, Vento e Sabbia per produrre degli effetti davvero suggestivi. Le opere di Kahn sulle facciate dei palazzi sono anche funzionali, come il Cloud Arbor, presso il museo dei bambini di Pittsburgh, che rappresenta una foresta stilizzata: i pali sono dei nebulizzatori d’acqua con i quali è possibile interagire e forniscono anche una fonte di raffrescamento.

 

Il vento, invece, è protagonista dell’opera Technorama Facade, tra le prime realizzate da questo artista nel 2002. Si tratta di una facciata ricoperta da piccoli tasselli di alluminio liberi di muoversi in base al vento riflettono la luce creando valore non solo per l’edificio, ma per l’intera piazza di Winterthur.

 

Anche in Italia sono diverse le opere di artisti che interessano le facciate. Ad esempio, la facciata dell’ iconico Palazzo Strozzi è stata squarciata dall’opera di JR che ha realizzato una ferita alta 28 metri e larga 33. Questa installazione voleva creare qualcosa di forte impatto visivo per far riflettere sull’accessibilità dei luoghi d’arte e di cultura messa a dura prova dalle restrizioni per l’emergenza sanitaria da Covid-19. La Ferita, titolo di questa originale opera dell’artista francese, si propone come modo per recuperare un rapporto con l’arte e stimolare nuove forme di condivisione e partecipazione: quando l’installazione non ci sarà più, le persone potranno effettivamente vedere cosa si cela dietro quel grande squarcio.

 

Anche strutture architettoniche ancora più antiche, come i Templi di Paestum, sono diventate lo sfondo di installazioni artistiche all’avanguardia di digital art. Qui, ad esempio, durante il periodo estivo, è stata realizzata Glaukos, un’opera di video mapping che racconta, appunto, la storia di Glauco che crea un’experience visiva senza precedenti. Lo spettatore è chiamato a sognare grazie al legame tra passato e presente, tra archeologie e forme espressive tipicamente contemporanee.

 

Anche quest’opera, che è stata realizzata da Alessandra Franco durante la scorsa estate, si  caricata di un altro significato: la luce, protagonista dell’installazione visiva, diventa anche messaggera di un messaggio di speranza e di rinascita dopo il periodo buio della pandemia.

 

Le facciate, quindi, diventano un nuovo spazio dove poter dar vita a rappresentazioni artistiche che puntano sulle nuove tecnologie, come  il video mapping. Sound design, luci, realizzazioni digitali in 3D possono creare qualcosa di unico, in un mix di linguaggi diversi, trasformando le facciate in un’enorme tela dove ogni elemento strutturale viene analizzato, mappato e reso parte integrante dell’opera stessa. Il video mapping è sicuramente un’opportunità interessante per la realizzazione di eventi, spettacoli e anche per la valorizzazione del patrimonio artistico che puntano a creare un’emozione coinvolgente e memorabile.